Pubblicato da: luigivassallo | 15 giugno 2023

La riflessione estetica nel XVII secolo (Il Seicento)


Aspetti significativi
Dopo il Concilio di Trento (convocato per sanare la rottura tra chiesa cattolica e chiese
protestanti, ma condotto in realtà dai cattolici in modo da riaffermare la “verità” della chiesa
cattolica), l’influenza della religione sulle arti segue diversi impulsi: dal rinnovato rigorismo
cattolico al tentativo gesuitico di conciliazione di fede e intelletto, all’apostolato tra i poveri
e i popoli nell’area cattolica; dalla perdita dello slancio rivoluzionario della riforma alla
persecuzione degli eretici in area protestante.


Nel campo artistico torna al trionfo il teatro con la sua capacità di coinvolgimento degli
spettatori, mentre la pittura (sostenuta da mecenati non solo religiosi) si divide tra la
tendenza classicistica (ad esempio dei Carracci) e quella naturalistica (tipica di Caravaggio).
Gli artisti, ad ogni modo, non sembrano più preoccuparsi della teoria ma sembrano
privilegiare l’istinto, cosa che, sotto un’apparente pacifica e scontata accettazione
dell’estetica del Cinquecento sul piano teorico, consente di imboccare altre strade con la
produzione artistica concreta.


Filosofi che aprono il secolo


Giordano Bruno (nato nel 1548, bruciato vivo a Roma come eretico nel 1600) riserva alle questioni estetiche solo osservazioni occasionali. In particolare, afferma
che il “bello” esiste solo se c’è simmetria ovvero disposizione adeguata delle parti in
un oggetto composito e che la bellezza non può essere un attributo di Dio perché Dio
non è realtà composita di parti ma unità. Per Bruno non c’è una sola bellezza:
nessuna bellezza può esercitare lo stesso effetto su chiunque; parimenti, non c’è una
causa generale del bello ma uno è attratto da una cosa, l’altro da un’altra, anzi una
stessa persona è attratta o meno dalla bellezza a seconda del proprio stato d‟animo.


Galileo Galilei (nato nel 1564, morto nel 1642). Scienziato (fisico e astronomo) e
filosofo (in virtù dei suoi scritti nei quali trasferisce le sue osservazioni di scienziato), sostiene in via definitiva la totale diversità di scienza e arte e la loro reciproca irriducibilità: la scienza, per lui, mira alla precisione e realizza la sua grandezza proprio in virtù delle limitazioni alle quali si sottopone; al contrario, l’arte, non avendo lo stesso fine, è libera da qualsiasi limitazione.


Francesco Bacone (ovvero l’inglese Francis Bacon, nato nel 1562, morto nel 1626).
Fa rientrare, nobilitandola, la poesia tra le attività dell’intelletto: questo nella dimensione della ragione produce la scienza, nella dimensione della memoria produce la storia, nella dimensione dell’immaginazione produce la poesia.

Bacone usa il termine “poesia” sia nel ristretto significato formale cioè di composizione in
versi sia nel significato più ampio cioè di contenuto prodotto dall’immaginazione
(espresso anche in prosa e non solo in versi). In quanto prodotto dell’immaginazione,
la poesia non è costretta al rispetto rigido di norme e non è limitata dal mondo reale
come sono, invece, la scienza e la storia. Alle arti Bacone riconosce un posto diverso
da quello della poesia, perché esse servono a produrre cose buone: come la medicina
serve a produrre rimedi per la salute, così le artes voluptuariae (= le arti del piacere)
servono a produrre diletto per gli esseri umani. Queste arti si distinguono in base ai
sensi che coinvolgono: la pittura, ad esempio, coinvolge l’occhio, mentre la musica
l’udito. La bellezza, che non è riducibile a norme (in virtù del ruolo dell’immaginazione, di cui abbiamo parlato poc’anzi), è caratteristica non solo della poesia ma anche delle arti che a questa sono più vicine e cioè pittura e musica. Le altre arti invece, secondo Bacone (che pensa ad esempio alla costruzione di case), devono mirare più che alla bellezza alla comodità.


Lascia un commento

Categorie