Pubblicato da: luigivassallo | 26 giugno 2016

Pensiero divergente o Fuori tema?

Se siamo chiamati a dare una risposta a una domanda o a trovare una soluzione a un problema, è probabile che ci troveremo a seguire (per scelta consapevole o per inerzia o per caso) una di queste tre strade: a) pensiero convergente (cioè la nostra risposta risulterà coerente con una delle risposte attese già dalla formulazione della domanda o in linea con la frequenza statistica delle risposte date da altri o in altri tempi); b) pensiero divergente (cioè la nostra risposta illuminerà in maniera creativa un aspetto della questione generalmente trascurato e aprirà la strada a una soluzione imprevista); c) andare fuori tema (cioè la risposta sarà poco pertinente con la domanda e introdurrà elementi estranei alla questione).

Dov’è il confine tra un pensiero divergente (creativo) e un andare fuori tema (ossia una divagazione ingiustificata)?

Serviamoci di un esempio. Se alla domanda Mangiare cioccolata fa bene o male alla salute (alla mia salute, ad esempio)? rispondo E’ immorale mangiare cioccolata mentre nel Terzo Mondo muoiono di fame, sto facendo un brillante esercizio di pensiero divergente o sto solo andando fuori tema?

  • Con la mia risposta (inattesa dalla domanda) sto cogliendo un aspetto fondamentale della questione, che, nella domanda, era stato omesso?
  • O sto solo spostando la questione su un altro aspetto, che non c’entra con la domanda alla quale dovrei rispondere?
  •  E, eventualmente, questo spostamento ad altro è intenzionale da parte mia? E se è intenzionale, perché lo è? (lo faccio per non mettere in discussione le mie scelte alimentari, che, certo, sono anche scelte economiche a beneficio del mercato e dei produttori di cioccolata? oppure perché sono convinto che le vere questioni di cui dovremmo occuparci siano “altrove”? oppure perché ritengo che i dettagli delle scelte private, anche alimentari, non sono che appendici/conseguenze di eventi più grandi che richiedono scelte di ben altra natura?)
  • O, al contrario, lo spostamento da me prodotto non è per niente intenzionale, ma è solo frutto di una mancata acquisizione da parte mia dell’abilità logica di DISCETTARE su una questione data? Dove DISCETTARE ci riporta etimologicamente al latino DISCEPTARE  (composto dal prefisso DIS e dal verbo CAPTARE, intensivo del verbo CAPERE), che, alla lettera, significa “tentare di impadronirsi (dell’oggetto della questione) attraverso direzioni diverse” ovvero “tentare di impadronirsene esaminandone, senza pregiudizi, tutti gli aspetti”.

Dunque, esercizio di pensiero divergente o fuori tema?

  • Merito del pensiero divergente è introdurre nel dibattito un elemento che della questione nel suo complesso è costitutivo e tuttavia è stato espunto o ignorato da chi ha posto la questione o per superficialità o per comodità o per interesse a non farlo notare.
  • Merito dell’andare fuori tema è spostare l’attenzione ad “altro”, evitando che si approfondisca la questione posta o per incapacità di accollarsi la fatica di discettare senza pregiudizi o per incapacità di leggere la questione nei suoi elementi costitutivi anziché lasciarsi suggestionare da proiezioni estranee su di essa  o per interesse a non lasciar focalizzare l’attenzione proprio sulla questione posta.

Insomma, siamo chiamati a rispondere alla domanda se mangiare la cioccolata fa bene o male alla salute ovvero in che misura e a chi fa bene o male.

Come saremo chiamati a rispondere alla domanda se l’abolizione delle province, la fine del bicameralismo perfetto ecc. siano un bene o un male per la nostra democrazia ovvero in che misura possano essere un bene o un male.

Come altri sono stati chiamati a rispondere alla domanda Vuoi restare nell’Unione Europea?. Pare che non pochi di quelli che hanno risposto NO si stiano dichiarando pentiti di averlo fatto e vorrebbero tornare a rispondere in un altro referendum. Quando hanno deciso la loro risposta alla domanda,  hanno esercitato il pensiero convergente, il pensiero divergente o sono andati fuori tema?

Non l’ho fatto apposta oppure Non capivo quello che facevo sono giustificazioni adolescenziali, non a caso in voga tra gli studenti, ma per me (quando lavoravo nella scuola) costituivano non un’attenuante ma un’aggravante. Perché, se gli animali, dotati di un bagaglio istintuale, non hanno l’onere di dover scegliere di volta in volta come comportarsi, noi umani, invece, quest’onere ce l’abbiamo e siamo sempre più umani nella misura in cui lo pratichiamo, fino al paradosso che è più vero uomo chi fa il male intenzionalmente (scegliendo di farlo) che chi lo fa senza rendersene conto, anche se per chi fa male senza rendersene conto sia la legge umana che quella divina optano per una doverosa indulgenza (Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno)


Risposte

  1. Sto zitto.

  2. Per me è una risposta arrogante! Se un genitore la dà al figlio è normale, se un adulto la dà ad un interlocutore è evidente che non vuole rispondere alla domanda e intende parlare d’altro, come se rispondesse ad un sottoposto. Quando qualcuno usa questo metodo con me mi fa arrabbiare.


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